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Stenosi aortica, procedura mininvasiva TaVi anche per over 75

Nuove linee guida ampliano platea. Riparte Campagna "Tavi è Vita"
Buone notizie dalle nuove Linee Guida ESC 2021 sull’applicabilità della TAVI – la procedura di impianto transcatetere della valvola aortica – che ampliano potenzialmente il target di pazienti, includendo definitivamente la popolazione dai 75 anni in su, i pazienti ad alto rischio o quelli inoperabili, secondo la tradizionale tecnica cardiochirurgica.

‘La definizione del target pazienti per la procedura TAVI è estremamente importante perché sancisce un’opportunità terapeutica per categorie di pazienti che oggi possono beneficiare della procedura mini-invasiva, che ha ormai da tempo consolidato la sua appropriatezza, riducendo la mortalità all’1% e restituendo ai pazienti una buona qualità di vita – afferma Giuseppe Tarantini, Presidente GISE – GISE ha da sempre puntato sulla necessità di includere tutti i pazienti elegibili a questo trattamento, oltre che sensibilizzare la popolazione a rischio per una maggiore consapevolezza sulla stenosi aortica e la sua diagnosi tempestiva, con campagne ad hoc come TAVI è VITA che quest’anno parte rinnovata’.

‘La stenosi aortica è una malattia tempo-dipendente con ripercussioni importanti sulla salute: una diagnosi tempestiva diventa fondamentale per arrestare il decorso verso la forma severa, che risulta fatale per oltre la metà dei pazienti, se non sottoposti a un trattamento appropriato entro i due anni dalla diagnosi – continua Giovanni Esposito, Presidente Eletto GISE – ecco perché le nuove linee guida, e il rilancio della campagna TAVI è VITA, sono fondamentali oggi in Italia per costruire una consapevolezza diversa sulla patologia, sulle opportunità terapeutiche più adeguate, secondo il profilo di ciascun paziente’.

I progressi scientifici e tecnologici nel campo della cardiochirurgia e dell’interventistica cardiovascolare hanno contributo sensibilmente a migliorare l’outcome dei pazienti. ‘La stenosi aortica non trattata non è una malattia benigna, dato che circa il 50% dei pazienti affetti dalla forma severa sintomatica muore entro due anni dall’inizio dei sintomi’ – commenta Ciro Indolfi, Presidente della Società Italiana di Cardiologia. – ‘La cardiologia ha rivoluzionato la terapia di questa patologia, che prima poteva essere trattata solo chirurgicamente, introducendo la TAVI, grazie alla quale oggi migliaia di pazienti in Italia vengono trattati con successo. Le nuove indicazioni della Società Europea di Cardiologia aggiornano alcuni parametri per la scelta del trattamento più adeguato, aumentando il livello di raccomandazione per la procedura, che diventa la prima opzione nei pazienti over 75. Sotto questa soglia d’età, si ricorre principalmente alla cardiochirurgia se il rischio chirurgico è basso, diversamente si può protendere per l’approccio con TAVI’.

Le nuove linee guida europee sottolineano come la scelta dell’opzione più adeguata debba coinvolgere un’equipe di specialisti – il cosiddetto Heart Team – composta da cardiologi clinici, cardiologi interventistici, cardiochirurghi, specialisti di imaging cardiaco, anestesisti cardiovascolari e infermieri, con l’obiettivo di valutare sia i fattori clinici che anatomici e, da adesso, anche le preferenze dei pazienti. ‘L’Heart Team rappresenta il ‘nucleo operativo’ centrale fondamentale che può indirizzare il paziente verso il miglior standard di cura, secondo le specifiche condizioni fisiche e cliniche di ciascuno. Si tratta di un vero e proprio lavoro di squadra in cui le decisioni vengono condivise con un approccio multidisciplinare – spiega Francesco Musumeci, Past President SICCH -. Un altro aspetto fondamentale è il contesto in cui il paziente deve essere curato: a prescindere dall’approccio scelto – chirurgico o mini-invasivo – è necessario che questo avvenga all’interno di un Heart Valve Center, ovvero una struttura dotata delle competenze necessarie per il trattamento di pazienti con patologia valvolare’.

‘Lo svolgimento della procedura all’interno delle strutture dotate di cardiochirurgia è fondamentale per assicurare al paziente appropriatezza diagnostica, corretta gestione di eventuali complicanze e maggiore sicurezza e fiducia. Soltanto questo ‘guscio’ può garantire il risultato migliore, sia in termini di procedura sia in termini di risultato’, continua Lorenzo Galletti, Presidente SICCH.

Con l’approccio suggerito dalle nuove Linee guida, inoltre, il paziente diventa parte attiva del proprio percorso di cura. ‘Le aspettative dei pazienti sono un aspetto importante nel processo di decision-making terapeutico. I pazienti e le loro famiglie devono essere informati sul ventaglio di opzioni disponibili e adeguate alla propria condizione ed essere costantemente assistiti nelle loro scelte’, aggiunge Indolfi. La campagna TAVI è VITA – un progetto ideato e realizzato da GISE (Società Italiana di Cardiologia Interventistica) in collaborazione con SIC (Società Italiana di Cardiologia) e SICCH (Società Italiana di Chirurgia Cardiaca) col contributo non condizionato di Medtronic – ha l’obiettivo di sensibilizzare il potenziale target di popolazione a rischio, la popolazione generale, la comunità medico-scientifica e le istituzioni sul tema della stenosi aortica, una delle malattie più comuni delle valvole cardiache che in Italia colpisce più del 3% della popolazione oltre i 75 anni.

Gli attuali approcci di cura prevedono il ricorso all’intervento chirurgico o a procedure interventistiche percutanee mini-invasive, come l’impianto transcatetere della valvola aortica (Transcatheter Aortic Valve Implantation – TAVI), a seconda delle condizioni del paziente. La TAVI è una procedura che consente il trattamento di pazienti ad alto rischio chirurgico o inoperabili, riducendo la mortalità all’1%. Dal 2014 al 2019, l’adozione dell’approccio transcatetere è aumentato in Italia passando da 2.586 a 8.255 procedure totali, con un progressivo aumento annuale che si attesta sul 15%. Eppure risulta essere ancora sottoutilizzata: i pazienti trattati con TAVI sono solo il 32% di quanti, secondo le evidenze cliniche, meriterebbero il trattamento e con significative disparità territoriali legate alla frammentazione a livello regionale del Sistema Sanitario Nazionale. Si passa, infatti, da regioni come Lombardia, Veneto, Campania – con rispettivamente 22%, 11,3% e 10,5% delle procedure effettuate nel 2020 – a regioni dove l’applicazione si attesta ancora all’1-2%.

‘Questi dati dimostrano che la mancanza di un collegamento tra la medicina del territorio e gli ospedali è ancora oggi una grave lacuna del Sistema ed è necessario un piano cardiologico di ripartenza che preveda la costituzione di un percorso diagnostico-terapeutico assistenziale, che favorisca la comunicazione tra medico di medicina generale, cardiologo del territorio e gli specialisti dei centri di riferimento’ – precisa Tarantini. ‘In questo contesto, come si può immaginare, la pandemia ha inciso in modo negativo su gestione e cura della stenosi: molti casi non sono stati registrati per il rallentamento delle attività ospedaliere e le liste di attesa si sono molto allungate, causando notevoli ritardi. Nel caso di TAVI, si è registrato un calo del 10% a livello nazionale, con un’oscillazione importante a livello locale, dove alcune Regioni hanno registrato un 40% in meno di procedure’. TAVI è VITA è la campagna di sensibilizzazione ideata e realizzata da GISE (Società Italiana di Cardiologia Interventistica) in collaborazione con SIC (Società Italiana di Cardiologia) e SICCH (Società Italiana di Chirurgia Cardiaca) col contributo non condizionato di Medtronic – con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni, la comunità medico-scientifica e l’opinione pubblica sulla stenosi aortica e sulle terapie più appropriate, tra le quali l’impianto transcatetere di valvola aortica.

La stenosi aortica è una delle malattie più comuni delle valvole cardiache ed è causata dall’invecchiamento. Colpisce il 3,4% della popolazione italiana, ma è poco conosciuta dai pazienti – principalmente anziani, con numerose comorbidità – che sottovalutano e sottostimano sintomi come dispnea, angina e sincope, o che inconsapevolmente riducono il loro livello di attività quotidiana come meccanismo di protezione per evitare i sintomi.

La Campagna TAVI è VITA prevede una serie di strumenti e attività – digitali e sul territorio – per diffondere informazioni corrette e approfondite. Il sito www.progettotavivita.it racchiude tutte le informazioni, gli approfondimenti e i contenuti relativi alla stenosi aortica, alla sua gestione e sui percorsi di cura – in tutte le fasi di pre-diagnosi, post-diagnosi e post-intervento. Per farlo, sono stati creati contenuti multimediali dedicati, come video-interviste con medici, specialisti, pazienti ed ex-pazienti per approfondire i diversi aspetti della patologia, le tecniche e le terapie oggi disponibili e raccontare i percorsi di cura e le esperienze direttamente dalla voce dei pazienti. I contenuti del sito saranno veicolati anche attraverso i canali Facebook e LinkedIn per poter raggiungere un target più ampio di pazienti e caregiver.
Inoltre la campagna prevederà l’attivazione sul territorio di una serie di eventi informativi, con il coinvolgimento di esperti e specialisti a livello locale.


Fonte: askanews.it

Ortopedici SIOT: “Fondamentale la diagnosi precoce”

Nel nostro Paese le fratture da fragilità colpiscono 1 donna su tre e 1 uomo su cinque tra gli over 50enni e, sebbene siano più frequenti tra le persone anziane, si stima che il 20% delle fratture avvenga in età di prepensionamento, come attestano le recenti Linee Guida “Diagnosi, stratificazione del rischio e continuità assistenziale delle Fratture da Fragilità” dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con SIOT e altre Società scientifiche.

In occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIOT ribadisce l’importanza della diagnosi precoce per il trattamento dell’osteoporosi e raccomanda visite specialistiche alle donne over 50 e agli uomini dai 65 anni in su per valutare lo stato della propria salute ossea e prevenire la comparsa di fratture.

Come emerge nelle Linee Guida, è stato stimato che le fratture da fragilità siano responsabili di più di 9 milioni di fratture ogni anno in tutto il mondo. Nel 2017, sempre secondo i dati, sono state stimate a livello mondiale 2,7 milioni di nuove fratture da fragilità, equivalenti a 7.332 fratture al giorno, 305 all’ora. Nelle donne si è verificato quasi il doppio delle fratture (66%) e, in generale, le fratture del femore prossimale (collo del femore), delle vertebre e del polso/omero prossimale (spalla) hanno rappresentato rispettivamente il 19,6%, 15,5% e 17,9% di tutte le fratture.

“L’identificazione della fragilità scheletrica – spiega Alberto Momoli, Presidente SIOT e Direttore UOC Ortopedia e Traumatologia Ospedale San Bortolo, Vicenza – è fondamentale per identificare il rischio di frattura del soggetto e applicare interventi terapeutici mirati e prevenire il peggioramento del quadro clinico. Per una valutazione del rischio di fragilità è fondamentale un’accurata anamnesi del paziente utile a identificare ulteriori fattori compromettenti la salute delle ossa: terapie farmacologiche o ulteriori patologie, possono compromettere la resistenza scheletrica peggiorando la fragilità dell’osso con inevitabile aumento del rischio di frattura”. Se la protezione della salute delle ossa inizia sin dall’infanzia con una corretta alimentazione, ricca di calcio e vitamina D e uno stile di vita attivo che comprenda un’adeguata attività fisica, le stesse indicazioni valgono anche da adulti: mantenere una buona densità ossea e prevenire il rischio di fratture soprattutto nell’età considerata più a rischio, in menopausa e post menopausa per le donne e senile per gli uomini. In tarda età un giusto movimento, uno sport aerobico leggero e un allenamento propriocettivo, insieme ad una corretta alimentazione possono intervenire a beneficio della perdita di forza muscolare, ridotta coordinazione dei movimenti e inevitabile rischio di caduta. In Italia, secondo le Linee Guida si stima che la prevalenza dei soggetti con osteoporosi ultra 50enni corrisponda al 23,1% nelle donne – il cui numero è aumentato del 14.3% dal 2010 al 2020 – e al 7,0% negli uomini. “Una corretta valutazione della fragilità ossea attraverso specifici esami del sangue e la mineralometria ossea computerizzata, MOC – prosegue Alberto Momoli – permette quindi di identificare precocemente i soggetti ad alto rischio di sviluppare esiti negativi, consentendo l’implementazione tempestiva di contromisure preventive/terapeutiche. Inoltre, ci sono diverse condizioni, come quelle infiammatorie o il trattamento con farmaci glucocorticoidi, che risultano essere molto importanti nella valutazione della fragilità ossea, in quanto riducono la forza ossea e aumentano il rischio di frattura. Riguardo al trattamento, esistono diverse opzioni terapeutiche efficaci che possono variare a seconda della gravità del caso, dei fattori di rischio e della presenza di altre patologie. È importante rivolgersi sempre a uno specialista, che saprà indicare il trattamento più adatto per ogni singolo individuo”.


Fonte: askanews.it

Possibile qualificare stazioni di “terapia forestale”

La “terapia forestale”, oltre che avere effetti significativi sulla riduzione dei sintomi dell’ansia, può contribuire al miglioramento delle funzioni respiratorie di bambini e adolescenti affetti da asma e sottoposti alle terapie convenzionali. Lo dimostra una ricerca sperimentale realizzata presso il Lago di Misurina (Belluno) da un gruppo di ricerca dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Ibe) e del Club alpino italiano (Cai), assieme a Istituto Pio XII di Misurina, e alle Università di Parma, Ferrara e Verona.

Lo studio – informa il Cnr – ha individuato e isolato, attraverso l’analisi di dati ambientali e clinici raccolti nel corso dell’estate 2022, l’effetto dell’esposizione ai monoterpeni – componenti profumati degli oli essenziali diffusi dalle piante che sono molto presenti nelle foreste – sui parametri respiratori che normalmente si misurano per valutare le terapie tradizionalmente utilizzate contro l’asma. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Forests”.

“I nostri studi dimostrano come gli esiti dei trattamenti dell’asma adolescenziale siano stati condizionati dalla quantità di monoterpeni inalati dai giovani pazienti, nel tempo trascorso nella foresta di conifere che attornia il lago di Misurina. Dopo la nostra scoperta sul ruolo terapeutico degli stessi monoterpeni sui sintomi di ansia, oggi abbiamo un quadro molto più chiaro e ampio sulle funzioni curative della foresta, sia per quanto riguarda la sfera psicologica che per quella fisiologica”, sottolinea Francesco Meneguzzo, ricercatore del Cnr-Ibe e membro del Comitato scientifico centrale del Cai.

Lo svolgimento della ricerca è stato articolato, poiché i ricercatori hanno dovuto incrociare i dati ambientali con quelli clinici raccolti su 42 pazienti. “Questa ricerca rappresenta il culmine di anni di lavoro: abbiamo dimostrato che l’aria forestale svolge un ruolo terapeutico ad ampio spettro, e questo offre la definitiva giustificazione scientifica all’adozione delle prescrizioni sanitarie cosiddette verdi. Si pensi che in Germania, Canada, Giappone e Corea del Sud, con molte meno evidenze scientifiche, sono state sviluppate reti di stazioni per la terapia forestale. E proprio in Germania, tra qualche mese, entreranno in funzione le prime stazioni dotate di personale medico e di psicologi”, afferma Federica Zabini del Cnr-Ibe, responsabile Cnr del progetto e supervisore della ricerca.

“Abbiamo applicato metodi statistici avanzati, specifici della ricerca clinica, per confermare risultati che hanno stupito e che, oggi, ci permettono di disporre di criteri per individuare e qualificare stazioni di terapia forestale, e ottimizzare le funzioni dei centri di trattamento e riabilitazione dell’asma infantile e adolescenziale”, aggiunge Davide Donelli (Università di Parma/Azienda ospedaliero-universitaria di Parma).

Questi risultati – conclude il Cnr – potranno aprire la strada alla costituzione di nuovi centri in alta quota, immersi in foreste ricche di monoterpeni, anche nelle aree appenniniche.

 

Fonte: askanews.it

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