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Tunnel carpale, problema diffuso. Un italiano su 10 ne può soffrire

Ricercatori Cattolica fanno il punto sulla patologia. Lavoro su Lancet

La sindrome del tunnel carpale può arrivare a colpire fino a una persona su 10 in Italia e può richiedere diverse tipologie di intervento terapeutico, anche chirurgiche. Tra i fattori di rischio si possono annoverare malattie rare ma anche il Covid-19: sono alcune delle conclusioni di scienziati del Campus di Roma dell’Università Cattolica e Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS diretti da Luca Padua, Associato in Medicina Fisica e Riabilitativa alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e Direttore della UOC di Neuroriabilitazione ad Alta Intensità della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS che fanno il punto sulla patologia in un lavoro pubblicato su The Lancet Neurology. “Oggi – spiega il professor Padua – abbiamo acquisito approcci diagnostici sempre migliori e anche sistemi ecografici vengono in nostro aiuto, ma sono ancora tante le domande che ci poniamo su questa sindrome”. Il tunnel carpale è un problema estremamente diffuso: si tratta infatti della più comune neuropatia da intrappolamento, con un certo impatto quindi sul SSN in termini di costi. “La sindrome consiste in una sofferenza del nervo mediano a livello del suo passaggio nel tunnel carpale, cioè al polso. Attraverso meccanismi di tipo traumatico o infiammatorio si può verificare un aumento della pressione all’interno di questa struttura anatomica che può provocare un danno del nervo. Questa patologia insorge più frequentemente con una sintomatologia notturna, caratterizzata da parestesie e dolore alla mano, con possibile irradiazione prossimale, ovvero all’avambraccio ed al braccio. Con il tempo tali sintomi compaiono anche di giorno, spesso in seguito ad utilizzo prolungato della mano e talvolta con una localizzazione delle parestesie alle prime tre dita. Nei casi più gravi si rileva una perdita di sensibilità e deficit di forza della mano. Secondo alcuni studi spesso si rende necessario il trattamento chirurgico – sottolinea Padua – per quanto non ci siano dati certi in merito, è probabile che un eventuale aumento dei casi si registri in specifiche popolazioni di individui, per esempio nei soggetti più anziani o in chi soffre di alcune malattie rare”. La patologia si presenta con maggiore frequenza negli individui di età compresa tra 50 e 54 anni, seguiti da quelli di età compresa tra 75 e 84 anni.

“Anche il Covid-19 può contribuire all’insorgere di questa sindrome – sottolinea il professore – secondo due casi clinici che sono stati descritti da un gruppo di ricerca italiano (Università di Modena e Reggio Emilia, e pubblicati su Medical Hypotheses). Il meccanismo ipotizzato è quello di una reazione infiammatoria delle cartilagini scatenata dal virus, con conseguente compressione del nervo mediano al livello del polso. Tuttavia, si tratta al momento di un dato troppo esiguo per poter affermare che esista una relazione causale tra Covid-19 e sindrome del tunnel carpale. Le evidenze scientifiche disponibili non hanno definito con sicurezza se l’uso prolungato delle tecnologie rappresenti un fattore di rischio per sindrome del tunnel carpale. È verosimile tuttavia che l’utilizzo prolungato di device come lo smartphone possa predisporre alla sindrome del tunnel carpale, come dimostrato in alcuni recenti studi su piccole popolazioni. Gli interventi chirurgici e non chirurgici sono utili per il trattamento della sindrome del tunnel carpale e sono ora disponibili diverse opzioni di cura, che forniscono ai medici la possibilità di scegliere l’approccio migliore personalizzandolo per ogni paziente. Ciò nondimeno, le evidenze della letteratura suggeriscono che il primo passo nel trattamento della sindrome è non chirurgico (di tipo conservativo), iniziando con l’informazione e l’educazione del paziente, seguito dall’uso di splint (tutori che, limitando i movimenti di del polso, riducono le sollecitazioni a livello del polso) e dalle iniezioni di corticosteroidi. La chirurgia dovrebbe essere riservata alle compressioni più gravi e in fase più avanzata”. “La selezione dell’approccio migliore per la diagnosi e il trattamento della sindrome del tunnel carpale si basa sull’esperienza e sull’opinione del medico”, conclude Padua.

Fonte: askanews.it

Ipotiroidismo disfunzione più frequente, colpisce 3 mln di italiani

In presenza di disturbi della tiroide, di cui soffrono oltre sei milioni di italiani, la dieta può diventare oggetto di dubbi e preoccupazioni per i pazienti. Lo testimonia il crescente numero di ricerche effettuate ogni giorno in rete sul complicato rapporto tra tiroide e alimentazione che mette in luce il bisogno degli utenti di fare chiarezza su questi temi. Per rispondere a questa esigenza è nata la campagna “Dal Palato alla Tiroide”, realizzata con il patrocinio della Società Italiana di Endocrinologia (Sie) e il contributo non condizionante di Ibsa Italy che, attraverso strumenti pratici come il volume di “ricette amiche della tiroide”, contribuisce a promuovere una maggiore consapevolezza nella popolazione sui disturbi tiroidei e il legame con la nutrizione.

Le disfunzioni della tiroide sono molto diffuse soprattutto tra le donne che si stima abbiano il 20% di probabilità di sviluppare disturbi tiroidei nel corso della vita. Tra queste l’ipotiroidismo è la più frequente: colpisce in Italia quasi 3 milioni di persone con un’incidenza più marcata nelle donne tra i 55 e i 64 anni. Questa condizione si manifesta spesso con sintomi quali stanchezza eccessiva, aumento di peso, intolleranza al freddo, pelle secca e pallida, rallentamento della frequenza cardiaca, depressione e problemi di memoria.

“La prevenzione e la gestione efficace delle malattie tiroidee dipendono in gran parte da una corretta informazione e dall’adozione di buone pratiche quotidiane”, dichiara Maria Grazia Castagna, Professore Associato di Endocrinologia presso il Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze dell’Università di Siena. “Nonostante siano spesso sottovalutate, si stima che le patologie della tiroide colpiscano tra il 5 e il 10% della popolazione italiana. Una diagnosi tempestiva è cruciale per migliorare la qualità della vita dei pazienti e per questo è importante effettuare alcuni semplici esami di controllo in presenza di segni e sintomi indicativi di un’alterazione della funzionalità tiroidea, ma anche in persone a rischio o in chi ha una predisposizione familiare”.

La diagnosi precoce è fondamentale nella cura della malattia, così come lo è l’aderenza da parte del paziente alla terapia, una volta individuato il trattamento più adeguato.

“La levotiroxina è il trattamento standard per l’ipotiroidismo e consente di ripristinare i livelli ormonali necessari per un corretto funzionamento del metabolismo. Tuttavia, la personalizzazione della terapia e il monitoraggio costante sono essenziali per garantire un equilibrio ottimale e una maggiore stabilità nel tempo”, commenta Annamaria Colao, Professore Ordinario Endocrinologia e Malattie del Metabolismo Cattedra Unesco di Educazione alla Salute e Sviluppo Sostenibile, Università degli Studi di Napoli Federico II. “Grazie alla possibilità di avere diverse formulazioni disponibili, dai farmaci in compresse alle capsule molli fino alle formulazioni liquide, è possibile adattare il trattamento alle caratteristiche specifiche di ciascun paziente, migliorando così l’aderenza alla terapia e i risultati clinici complessivi”.

Nel mantenimento della salute tiroidea, anche l’alimentazione gioca un ruolo cruciale poiché questa ghiandola necessita di specifici micronutrienti per funzionare al meglio. In soggetti con ipotiroidismo, una dieta equilibrata deve essere inclusiva di alimenti ricchi di iodio e selenio, due elementi fondamentali per il corretto funzionamento della tiroide.

“Un regime alimentare vario e personalizzato in base all’età e allo stile di vita rappresenta una valida strategia di prevenzione per alcune disfunzioni tiroidee, soprattutto quando arricchito con sale iodato, efficace a evitare le carenze di iodio, e con selenio, fondamentale per il metabolismo degli ormoni tiroidei e quindi per il buon funzionamento complessivo della ghiandola”, evidenzia la Professoressa Colao. “Per incoraggiare la prevenzione e sensibilizzare l’opinione pubblica, è essenziale fare chiarezza su quali alimenti possano realmente influire sulla salute della tiroide, sgombrando il campo da fake news e falsi miti che persistono numerosi intorno a questi temi”.

“Ne è un esempio la convinzione che eliminare il glutine dalla dieta possa migliorare la funzione tiroidea, anche in assenza di una diagnosi di celiachia o di sensibilità al glutine. In realtà, in condizioni normali eliminare il glutine non comporta alcun beneficio per la tiroide e al contrario se non gestito correttamente potrebbe determinare delle carenze nutrizionali”, continua la Professoressa Castagna. “È vero, tuttavia, che alcune forme di tiroiditi autoimmuni, in particolare la tiroidite di Hashimoto, si associano più frequentemente ad altre patologie autoimmuni come ad esempio la celiachia. Solo nel caso quindi in cui le due patologie coesistono è necessario adottare una dieta priva di glutine. In genarle, in caso di problematiche accertate, è sempre importante affidarsi ad uno specialista, evitando pericolose pratiche ‘fai da te”.

La Campagna “Dal Palato alla Tiroide” si inserisce all’interno di un progetto più ampio che vede nel sito latiroide.it un vero e proprio hub informativo sulla tiroide con video pillole degli esperti, sezioni dedicate ai professionisti della salute, e un servizio per richiedere il consulto telematico di uno specialista. La Campagna sfata numerosi falsi miti sull’alimentazione, promuovendo consapevolezza e prevenzione delle malattie tiroidee attraverso informazioni chiare e aggiornate e un approccio molto pratico. È con questo spirito che è stato creato il ricettario “Dal Palato alla Tiroide”, pensato per chi desidera seguire un’alimentazione equilibrata, ricco di consigli e ricette per una dieta sana e bilanciata e adatta a chi soffre di disfunzioni della tiroide. Il ricettario è stato realizzato grazie al contributo degli utenti, alla collaborazione con specialisti endocrinologi e Sonia Peronaci.

“È stato un piacere partecipare a questa iniziativa”, ha commentato Sonia Peronaci, foodblogger e fondatrice di GialloZafferano. “Credo molto nell’importanza di diffondere una corretta informazione su come l’alimentazione possa supportare la salute. Con semplici accorgimenti si possono fare scelte migliori e più consapevoli senza rinunciare al piacere della tavola” ha aggiunto.

L’impegno di Ibsa Italy va oltre il semplice supporto alla campagna, riflettendo una visione di lungo termine a supporto della comunità dei pazienti e in più in generale della popolazione. “Ibsa è impegnata nella ricerca di soluzioni terapeutiche all’avanguardia e supporta iniziative vicine ai bisogni dei pazienti. Investire nella consapevolezza e nella prevenzione delle malattie tiroidee fa parte del nostro approccio alla salute a 360 gradi. Con la campagna ‘Dal Palato alla Tiroide’ vogliamo non solo fare educazione su questi temi, ma anche offrire risorse concrete e accessibili che migliorino la vita quotidiana dei pazienti.” conclude Greta Pizzamiglio Sr Product Manager di Ibsa Italy.

Fonte: askanews.it

“Una Stella di Natale Ail aiuta le persone a guadare lontano”

Ail – Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mielomadopo 18 anni rinnova la storica campagna dedicata alle Stelle di Natale, con l’obiettivo di unire ciò che è divenuto il simbolo dell’Associazione, il racconto delle storie dei pazienti e l’impegno sociale di Ail.

L’iniziativa Stelle di Natale Ail, in programma 6, 7 e 8 dicembre in 4800 piazze italiane, storico appuntamento con la solidarietà promosso dall’Associazione che da 55 anni è al fianco dei pazienti ematologici e delle loro famiglie, viene realizzata da 36 anni grazie al contributo di migliaia di volontari e all’opera delle sue 83 sezioni Ail sul territorio nazionale. La manifestazione ha permesso in tanti anni di sostenere e mettere in campo importanti progetti di Ricerca e Assistenza e ha contribuito a far conoscere i rilevanti progressi e i risultati ottenuti nel trattamento dei tumori del sangue.

Ail lancia la nuova campagna di comunicazione integrata dedicata all’iniziativa Stelle di Natale “Segui la Stella”, affidata a Lateral, Studio di Comunicazione & Branding guidato da Francesco Fallisi e Federica Bello, con la direzione creativa di Francesco Fallisi e Simona Angioni. Per la campagna è stato prediletto un approccio intimo e delicato, affinché fosse un’esperienza personale a trasmettere il significato profondo che rappresenta la scelta della Stella di Natale Ail.

Protagonista dello spot è una bambina con un obiettivo molto preciso: regalare speranza al paziente incorniciato dalla finestra di fronte alla sua. Da sola, con passo svelto e deciso, attraversa le stradine della sua città come se fosse una grande avventura. Ha le sue monetine e il suo sogno da realizzare. E lo porta a termine, scegliendo la Stella di Natale più grande che può, e permettendo a quel ragazzo di guardare lontano. Una bambina da seguire e, soprattutto, come recita la voce fuori campo, “Una Stella da seguire” per arrivare finalmente ad un futuro libero dai tumori del sangue.

Il claim dello spot è semplice e potente allo stesso tempo: “Una Stella di Natale Ail aiuta migliaia di persone a guardare lontano”. “Questo concetto riflette il nostro impegno nell’offrire una prospettiva di fiducia e speranza a chi affronta un percorso di cura difficile – affermano Rita Smoljko e Daniele Scarpaleggia, rispettivamente Responsabile Comunicazione AIL e Coordinatore del Progetto – aiutando i pazienti e le loro famiglie a guardare oltre le sfide e la sofferenza del presente”.

Fonte: askanews.it

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