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Depressione, incidenza più alta 25% in pazienti con patologie cardiache

Studio Jama: antidepressivi efficaci e sicuri anche per loro

I farmaci antidepressivi non rappresentano un pericolo per le persone con malattia cardiaca – per le quali l’incidenza di depressione arriva al 30% rispetto al 5-7% della popolazione generale – né per chi ha avuto un infarto miocardico, né per chi soffre di dolore toracico funzionale e né per chi è affetto da una malattia coronarica. Per questi pazienti il trattamento farmacologico contro la depressione è efficace tanto quanto lo è per coloro che non hanno alcun problema cardiologico. Sono inoltre sicuri, anche se un po’ meno efficaci, per i pazienti con lombalgia o con lesioni cerebrali traumatiche. A fare chiarezza una volta per tutte sul timore infondato che gli antidepressivi non siano una terapia indicata per coloro che hanno una o più malattie fisiche, è stata un’ampia revisione sistematica e meta-analisi, pubblicata sulla rivista JAMA Psychiatry. I risultati della ricerca, condotta dall’Università Charité di Berlino e dall’Università di Aarhus in Danimarca, sono stati discussi al XXV Congresso Nazionale della Società di NeuroPsicoFarmacologia (Sinpf), dedicato a “Le neuroscienze del domani: la neuropsicofarmacologia verso la precisione e la personalizzazione delle cure”.

“La depressione è la patologia mentale più frequente in Italia, con oltre 3 milioni di persone che soffrono di sintomi depressivi e una prevalenza in ulteriore aumento a seguito della pandemia da Covid-19 – spiega Claudio Mencacci, Co-Presidente Sinpf e direttore emerito di Neuroscienze all’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano -. Numerosi studi internazionali hanno mostrato che tra i malati di patologie croniche diffuse, come il diabete o l’insufficienza cardiaca, in Italia l’incidenza della depressione è del 30%. Una percentuale altissima se paragonata a quella riscontrata tra la popolazione in generale, che oscilla tra il 5 e il 7%”. Ma la relazione tra patologie croniche e depressione è bidirezionale. “Non solo un malato cronico ha un rischio maggiore di cadere in depressione, rispetto al resto della popolazione – specifica Mencacci -. Anche chi è depresso ha una possibilità maggiore di ammalarsi di patologie croniche. Per questo è fondamentale avere ben chiaro quali siano le opzioni di trattamento per i pazienti con depressione e altre comorbidità”.

Sebbene gli antidepressivi siano il trattamento di prima linea per ogni manifestazione di disturbo depressivo maggiore, la maggior parte degli studi mirati a valutare la sicurezza e l’efficacia di questi farmaci escludono i pazienti con altre comorbidità. Pertanto, l’uso degli antidepressivi nel trattamento della depressione in pazienti con altre malattie è poco compreso. “Questo nuovo studio colma una lacuna importante – spiega Matteo Balestrieri, Co-Presidente SINPF, direttore della Clinica Psichiatrica dell’Azienda Sanitaria Universitaria di Udine -. Basato su 176 revisioni sistematiche che hanno preso in considerazione ben 43 malattie e 52 meta-analisi riguardanti 27 diverse condizioni mediche, il lavoro conclude che gli antidepressivi sono sicuri ed efficaci anche per i pazienti che soffrono di depressione con patologie pregresse, come il cancro, le malattie cardiache e metaboliche, nonché i disturbi reumatologici e neurologici”. Si tratta di una buona notizia per le persone con depressione e problemi di salute fisica, ed è molto rilevante per la pratica clinica. “La qualità della vita è spesso gravemente compromessa, soprattutto dalla depressione – spiega Mencacci -. Sappiamo anche che il decorso della malattia fisica è peggiore nei pazienti che soffrono anche di depressione. Quindi, trattare questi pazienti con antidepressivi in aggiunta ad altre misure terapeutiche può essere davvero di grandissimo aiuto”.

Tuttavia, rimane la necessità di fare attenzione alle eventuali controindicazioni e interazioni con altri farmaci assunti dai pazienti. “Per fortuna però oggi esistono molti antidepressivi con meccanismi d’azione diversi – conclude Balestrieri -. Quindi, quasi sempre, esiste almeno un farmaco adatto per trattare la depressione per ogni paziente, a prescindere dalla storia medica. È molto importante, naturalmente, la corretta gestione della terapia, una volta iniziata. Come per ogni tipo di paziente”.

 

Fonte: askanews.it

Paola Marchetti (pres. Confepi Salute): “Investire sulle comunità terapeutiche”

“Depressione e psicosi colpiscono sempre più i giovani. Non bastano cicli di terapie riabilitative senza una società preparata a riaccogliere queste persone dando loro un’occasione reale di reinserimento e una speranza di futuro, superando anche l’isolamento e il dolore causato dallo stigma che la società attribuisce a chi soffre di problemi psichiatrici”. E’ questo l’appello lanciato dalla Comunità Maieusis che opera da anni nella regione Lazio nel settore della riabilitazione psichiatrica, con un metodo consolidato e risultati che hanno consentito a centinaia di ragazzi di tornare a vivere e a costruirsi un futuro.

“Le Istituzioni hanno il dovere di investire sulla salute mentale che dopo il covid è diventata la vera pandemia del terzo millennio”. Secondo le stime epidemiologiche, diffuse in occasione Giornata Mondiale della Salute Mentale che si celebra il 10 ottobre, a soffrire di disturbi psichici in Italia sarebbe almeno il 5% della popolazione, circa 3 milioni di persone, percentuale che sale al 10% se si includono anche i disturbi più lievi, come ad esempio gli attacchi di panico.

Appena il 14% della spesa sanitaria globale è connessa ai disturbi neuropsichiatrici, inclusi depressione, psicosi e abuso di droghe e alcol. In particolare, nei Paesi in via di sviluppo circa il 75% delle persone affette da disturbi mentali non riceve alcun tipo di trattamento. In questo quadro drammatico, spiega Paola Marchetti, presidente di Confepi Salute “il ruolo delle comunità terapeutiche è fondamentale perché offrono un percorso di riabilitazione e reinserimento attraverso il metodo della comunità, decisivo anche per superare lo stigma sociale che si trovano a subire coloro che sono affetti da disturbi psichici. Su questi temi riteniamo che le Istituzioni debbano trovare presto maggiori investimenti, per non abbandonare al proprio destino milioni di giovani che hanno bisogno di assistenza”.

Fonte: askanews.it

In Italia sono 21.500, la filiera vale 9,23 miliardi di euro

In Italia gli ottici abilitati attivi nella filiera sono 21.500: 19.500 nel retail specializzato e 2.000 nelle altre imprese. Nella sola Lombardia gli ottici sono 2148 (Registro Imprese), a Milano 1074. Le professioni dell’ottico e dell’ottico optometrista sono molto richieste in un mercato come quello italiano che, solo per quanto riguarda l’occhialeria, ha una produzione del valore di 5,53 miliardi di euro (2023, dati Anfao). La filiera italiana dell’ottica ha un valore complessivo di 9,23 miliardi di euro.

Questi sono i numeri di scenario studiati e analizzati da Istituto Zaccagnini, scuola per Ottici e Optometristi, con sede a Bologna e Milano. A partire da dati nazionali e di settore dell’istruzione professionale in ottica e optometria politici e esponenti della filiera, incontratisi presso la sede milanese dell’Istituto, hanno dibattuto sul ruolo che ottici e optometristi svolgono e potrebbero svolgere grazie ad una migliore collaborazione ed integrazione con la classe medica, oculisti in primis, per garantire un’adeguata visione e contribuire alla cura e salute degli occhi a tutti i cittadini italiani.

In Italia sette sono i corsi di laurea triennale in Ottica e Optometria (dopo la laurea triennale è necessario prendere l’abilitazione) e sono a Torino, Milano, Padova, Firenze, Roma3, Napoli, Lecce. Per diventare ottico è anche possibile studiare presso un Istituto professionale post diploma, presso il quale si ottiene, dopo un biennio di studi, l’abilitazione.

Secondo il Consorzio Interuniversitario Alma Laurea, il numero dei laureati dal 2018 al 2022 è sceso del 46,7%. Nel 2018 i sette atenei hanno proclamato 250 laureati in Ottica e Optometria, mentre nel 2022, i medesimi sette atenei ne hanno proclamati 128. Anche se non vi sono dati ufficiali, nel comparto si stima che il sistema scolastico nazionale abiliti ogni anno circa 650-700 ottici, compresi i privatisti ed i candidati laureati in O.O. Il percorso universitario non completa del tutto il curriculum di chi vuole diventare ottico, perché dopo la laurea è necessario comunque sostenere l’esame di stato. Il numero, secondo gli addetti del settore, è insufficiente a coprire la domanda della filiera.

La laurea in Ottica e Optometria – fonte Consorzio Interuniversitario Alma Laurea – vede un bassissimo tasso di disoccupazione, un sicuro ingresso nel mondo del lavoro, retribuzioni nazionali in aumento. Un giovane neodiplomato, assunto in un negozio di ottica, viene inquadrato al terzo livello del commercio con una RAL non inferiore ai 25.000 euro e ha diverse possibilità di carriera. Un dettaglio da rilevare: nel settore non ci sono differenze di remunerazione tra donne e uomini. A fronte di questo scenario, molte domande restano aperte.

Dal 2021, con il decreto legge 2018 n. 42 che ha riformato il profilo dell’ottico, sono effettive – a livello nazionale – le norme che stabiliscono il nuovo percorso formativo di questa figura professionale. Gli studenti che avranno completato il biennio e il quinquennio per l’abilitazione alla professione di ottico dovranno avere una formazione avanzata, orientata ad assistere, consigliare il cliente sui prodotti migliori per la correzione del difetto visivo, ma non solo. Il “nuovo” ottico, come da decreto, è chiamato anche a “Effettuare, con adeguate tecnologie e nei casi consentiti dalla normativa vigente, l’esame delle abilità visive e della capacità visiva binoculare in relazione alla progettazione e all’assemblaggio degli ausili ottici necessari, segnalando all’attenzione medica eventuali condizioni del cliente che indichino anomalie degli occhi e della salute” (Competenza numero 3, Allegato M, Decreto interministeriale 92, 24 maggio 2018).

Nasce così il profilo di uno specialista che deve segnalare al medico eventuali situazioni di allerta, facendo così da prima barriera di controllo e difesa della visione e della salute dell’occhio. Il mercato richiede ottici e optometristi sempre più formati per rispondere al bisogno di servizi oftalmici di una popolazione ametrope che invecchia e pertanto ha una crescente necessità di assistenza e riferimenti facili da raggiungere. Due dati: entro il 2050 la proporzione di anziani tenderà a raddoppiare, passando dall’11% al 22% della popolazione totale; l’indice di vecchiaia (calcolato come rapporto tra over 65 e under 15), sintetizza al meglio l’invecchiamento della popolazione e, nel 2022, risultava pari a 188, ad indicare che vi sono circa 1,88 “anziani” per ogni “giovane”.

Osserva Giorgio Righetti, direttore di Istituto Zaccagnini: “Nel difficile quadro economico nazionale, è necessario valorizzare una professione con sbocchi professionali sicuri che svolge un ruolo determinante nel contesto attuale in cui il bisogno di salute cresce – e continua – Credo che nell’ottica si vedano le conseguenze di una mancata sensibilità sistemica nei confronti dell’istruzione professionale. Di fatto, l’offerta scolastica italiana non risponde ai bisogni degli studenti, che spesso abbandonano gli studi, e della filiera, che richiede competenze avanzate. Diventa necessario rinnovare la didattica e la tecnologia per investire sul presente e sul futuro dell’istruzione professionale dell’ottica”.


Fonte: askanews.it

Mercoledì 4 dicembre a Più libri più liberi presentazione del libro Autismo Sport Inclusione

Mercoledì 4 dicembre 2024 alle ore 18.30 all’interno della manifestazione “Più libri più liberi” presso La Nuvola all’Eur, sala Nettuno, verrà presentato il libro Autismo Sport Inclusione – Storie straordinarie per disegnare, insieme, un futuro migliore, a cura di Fabio La Malfa, edito da Luni Editrice. Il libro raccoglie le testimonianze di allenatori, ragazzi autistici e genitori, per affermare con forza che lo sport è un dritto di tutti.

“Questa raccolta di testimonianze, vere e spontanee, di allenatori, persone autistiche e di genitori vuole dimostrare che, attraverso lo sport, è possibile una vera integrazione e che questa potrà essere uno strumento per l’inserimento sociale” dichiara l’autore Fabio la Malfa, insegnante di Judo e formatore per FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Karate e Arti Marziali) e FIR (Federazione Italiana Rugby), impegnato nella realizzazione di corsi inclusivi che diano a tutti l’accesso alle discipline sportive.

In apertura ci sarà il saluto del presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli, e dell’assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda del Comune di Roma, Alessandro Onorato.

Interverranno: Fabio La Malfa, autore del libro Domenico Falcone, presidente FIJLKAM – Federazione Italiana Judo Karate e Arti Marziali Alessandro Bascetta, responsabile Federazione Italiana Rugby – promozione e partecipazione Lazio Rugby integrato Ylenia Scapin, judoka olimpica – Bronzo a Atlanta 1996 e Sidney 2000 Lugi Busà, karateka olimpico – Oro a Tokio 2020 Giulio Toniolatti, Nazionale italiana di Rugby Matteo Luteriani, Editore – Luni Editrice Moderatrice: Manuela Lucchini, giornalista


Fonte: askanews.it

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