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Salute tiroidea, anche l’alimentazione gioca un ruolo cruciale

Ipotiroidismo disfunzione più frequente, colpisce 3 mln di italiani

In presenza di disturbi della tiroide, di cui soffrono oltre sei milioni di italiani, la dieta può diventare oggetto di dubbi e preoccupazioni per i pazienti. Lo testimonia il crescente numero di ricerche effettuate ogni giorno in rete sul complicato rapporto tra tiroide e alimentazione che mette in luce il bisogno degli utenti di fare chiarezza su questi temi. Per rispondere a questa esigenza è nata la campagna “Dal Palato alla Tiroide”, realizzata con il patrocinio della Società Italiana di Endocrinologia (Sie) e il contributo non condizionante di Ibsa Italy che, attraverso strumenti pratici come il volume di “ricette amiche della tiroide”, contribuisce a promuovere una maggiore consapevolezza nella popolazione sui disturbi tiroidei e il legame con la nutrizione.

Le disfunzioni della tiroide sono molto diffuse soprattutto tra le donne che si stima abbiano il 20% di probabilità di sviluppare disturbi tiroidei nel corso della vita. Tra queste l’ipotiroidismo è la più frequente: colpisce in Italia quasi 3 milioni di persone con un’incidenza più marcata nelle donne tra i 55 e i 64 anni. Questa condizione si manifesta spesso con sintomi quali stanchezza eccessiva, aumento di peso, intolleranza al freddo, pelle secca e pallida, rallentamento della frequenza cardiaca, depressione e problemi di memoria.

“La prevenzione e la gestione efficace delle malattie tiroidee dipendono in gran parte da una corretta informazione e dall’adozione di buone pratiche quotidiane”, dichiara Maria Grazia Castagna, Professore Associato di Endocrinologia presso il Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze dell’Università di Siena. “Nonostante siano spesso sottovalutate, si stima che le patologie della tiroide colpiscano tra il 5 e il 10% della popolazione italiana. Una diagnosi tempestiva è cruciale per migliorare la qualità della vita dei pazienti e per questo è importante effettuare alcuni semplici esami di controllo in presenza di segni e sintomi indicativi di un’alterazione della funzionalità tiroidea, ma anche in persone a rischio o in chi ha una predisposizione familiare”.

La diagnosi precoce è fondamentale nella cura della malattia, così come lo è l’aderenza da parte del paziente alla terapia, una volta individuato il trattamento più adeguato.

“La levotiroxina è il trattamento standard per l’ipotiroidismo e consente di ripristinare i livelli ormonali necessari per un corretto funzionamento del metabolismo. Tuttavia, la personalizzazione della terapia e il monitoraggio costante sono essenziali per garantire un equilibrio ottimale e una maggiore stabilità nel tempo”, commenta Annamaria Colao, Professore Ordinario Endocrinologia e Malattie del Metabolismo Cattedra Unesco di Educazione alla Salute e Sviluppo Sostenibile, Università degli Studi di Napoli Federico II. “Grazie alla possibilità di avere diverse formulazioni disponibili, dai farmaci in compresse alle capsule molli fino alle formulazioni liquide, è possibile adattare il trattamento alle caratteristiche specifiche di ciascun paziente, migliorando così l’aderenza alla terapia e i risultati clinici complessivi”.

Nel mantenimento della salute tiroidea, anche l’alimentazione gioca un ruolo cruciale poiché questa ghiandola necessita di specifici micronutrienti per funzionare al meglio. In soggetti con ipotiroidismo, una dieta equilibrata deve essere inclusiva di alimenti ricchi di iodio e selenio, due elementi fondamentali per il corretto funzionamento della tiroide.

“Un regime alimentare vario e personalizzato in base all’età e allo stile di vita rappresenta una valida strategia di prevenzione per alcune disfunzioni tiroidee, soprattutto quando arricchito con sale iodato, efficace a evitare le carenze di iodio, e con selenio, fondamentale per il metabolismo degli ormoni tiroidei e quindi per il buon funzionamento complessivo della ghiandola”, evidenzia la Professoressa Colao. “Per incoraggiare la prevenzione e sensibilizzare l’opinione pubblica, è essenziale fare chiarezza su quali alimenti possano realmente influire sulla salute della tiroide, sgombrando il campo da fake news e falsi miti che persistono numerosi intorno a questi temi”.

“Ne è un esempio la convinzione che eliminare il glutine dalla dieta possa migliorare la funzione tiroidea, anche in assenza di una diagnosi di celiachia o di sensibilità al glutine. In realtà, in condizioni normali eliminare il glutine non comporta alcun beneficio per la tiroide e al contrario se non gestito correttamente potrebbe determinare delle carenze nutrizionali”, continua la Professoressa Castagna. “È vero, tuttavia, che alcune forme di tiroiditi autoimmuni, in particolare la tiroidite di Hashimoto, si associano più frequentemente ad altre patologie autoimmuni come ad esempio la celiachia. Solo nel caso quindi in cui le due patologie coesistono è necessario adottare una dieta priva di glutine. In genarle, in caso di problematiche accertate, è sempre importante affidarsi ad uno specialista, evitando pericolose pratiche ‘fai da te”.

La Campagna “Dal Palato alla Tiroide” si inserisce all’interno di un progetto più ampio che vede nel sito latiroide.it un vero e proprio hub informativo sulla tiroide con video pillole degli esperti, sezioni dedicate ai professionisti della salute, e un servizio per richiedere il consulto telematico di uno specialista. La Campagna sfata numerosi falsi miti sull’alimentazione, promuovendo consapevolezza e prevenzione delle malattie tiroidee attraverso informazioni chiare e aggiornate e un approccio molto pratico. È con questo spirito che è stato creato il ricettario “Dal Palato alla Tiroide”, pensato per chi desidera seguire un’alimentazione equilibrata, ricco di consigli e ricette per una dieta sana e bilanciata e adatta a chi soffre di disfunzioni della tiroide. Il ricettario è stato realizzato grazie al contributo degli utenti, alla collaborazione con specialisti endocrinologi e Sonia Peronaci.

“È stato un piacere partecipare a questa iniziativa”, ha commentato Sonia Peronaci, foodblogger e fondatrice di GialloZafferano. “Credo molto nell’importanza di diffondere una corretta informazione su come l’alimentazione possa supportare la salute. Con semplici accorgimenti si possono fare scelte migliori e più consapevoli senza rinunciare al piacere della tavola” ha aggiunto.

L’impegno di Ibsa Italy va oltre il semplice supporto alla campagna, riflettendo una visione di lungo termine a supporto della comunità dei pazienti e in più in generale della popolazione. “Ibsa è impegnata nella ricerca di soluzioni terapeutiche all’avanguardia e supporta iniziative vicine ai bisogni dei pazienti. Investire nella consapevolezza e nella prevenzione delle malattie tiroidee fa parte del nostro approccio alla salute a 360 gradi. Con la campagna ‘Dal Palato alla Tiroide’ vogliamo non solo fare educazione su questi temi, ma anche offrire risorse concrete e accessibili che migliorino la vita quotidiana dei pazienti.” conclude Greta Pizzamiglio Sr Product Manager di Ibsa Italy.

Fonte: askanews.it

Ricerca clinica apre prospettive al supporto nutrizionale nella patologia reumatica

L’artrite reumatoide (AR) è una malattia cronica sistemica che colpisce milioni di persone nel mondo, provocando dolore, rigidità articolare e un generale peggioramento della qualità della vita. Ma a essere compromesso, spesso in modo meno visibile, è anche lo stato nutrizionale del paziente: affaticamento, perdita di appetito e difficoltà nella preparazione dei pasti contribuiscono a deficit energetici e carenze di fibre, elementi chiave per il mantenimento di un buon stato di salute.

La dieta, informa una nota, gioca un ruolo cruciale nella gestione della AR. Lo stato nutrizionale dei pazienti affetti da AR è compromesso dall’infiammazione cronica e da altri fattori associati alla malattia, richiedendo quindi una gestione dietetica mirata, che non può essere efficacemente ottenuta solo attraverso alimenti convenzionali.

In questo contesto si inserisce lo studio MIKARA, pubblicato su Nutrients nel 2023, che ha esplorato gli effetti di una combinazione nutrizionale a base di trigliceridi a media catena (MCT) e fibre solubili e insolubili in pazienti con AR. Il trial, della durata di 16 settimane e condotto in doppio cieco con gruppo placebo, ha evidenziato una riduzione statisticamente significativa dell’attività della malattia, misurata attraverso l’indice SDAI (Simplified Disease Activity Index). In particolare, è emersa una correlazione tra l’assunzione di Mikara Shake e l’aumento dei livelli ematici di beta-idrossibutirrato (BHB), corpo chetonico prodotto durante la chetogenesi. Questo processo permetterebbe di soddisfare eventuali carenze energetiche legate all’AR, dal momento che i corpi chetonici rappresentano una fonte di energia rapidamente disponibile. Inoltre, il BHB è noto per le sue proprietà antinfiammatorie, che giustificherebbero in parte i benefici osservati durante il trial. Le fibre, derivate da fonti naturali come bambù e psillio, si sono rese particolarmente utili per il raggiungimento del fabbisogno giornaliero di fibre suggerito dalle linee guida europee e prevenendo dunque le possibili carenze che spesso caratterizzano questi pazienti.

“I pazienti con artrite reumatoide affrontano ogni giorno difficoltà che vanno oltre i sintomi articolari: l’affaticamento, la perdita di appetito e le limitazioni fisiche rendono complesso mantenere un’alimentazione adeguata, aggravando condizioni già compromesse dal punto di vista metabolico” – spiega la Prof.ssa Francesca Ingegnoli, Reumatologa dell’ASST Gaetano Pini CTO di Milano e Docente di Reumatologia all’Università degli Studi di Milano – “Lo studio MIKARA suggerisce che un supporto nutrizionale mirato, basato su MCT e fibre, può rappresentare un complemento utile alla terapia farmacologica, contribuendo in modo integrato a migliorare il quadro clinico generale”.

La formulazione testata nella ricerca, Mikara Shake – sviluppata da Dr. Schär – è stata selezionata per la sua composizione avanzata, e rappresenta un esempio virtuoso di come l’innovazione nutrizionale possa entrare a far parte di un modello di cura che comprende anche l’aspetto nutrizionale. In un’ottica di medicina sempre più personalizzata e multidimensionale, l’intervento nutrizionale emerge come strumento concreto e sicuro per affiancare la terapia convenzionale, promuovendo una maggiore aderenza alle cure e contribuendo al miglioramento complessivo della qualità della vita

Oltre agli esiti clinici, lo studio MIKARA evidenzia il valore di un intervento che agisce anche sul piano della quotidianità del paziente. L’introduzione di una formulazione nutrizionale semplice da assumere, non invasiva e facilmente integrabile nella routine alimentare si traduce in una maggiore autonomia, in una riduzione dello stress legato alla gestione del pasto e in un miglior equilibrio psicofisico. Si tratta di benefici spesso trascurati nella valutazione dei trattamenti, ma fondamentali per rafforzare la motivazione, migliorare l’aderenza alla terapia e sostenere il benessere complessivo della persona nel lungo termine. In questo senso la nutrizione si configura come supporto aggiuntivo per chi convive con una malattia cronica.

Fonte: askanews.it

La Società Italiana di Nefrologia lancia il monito: più idratazione nel periodo più caldo

Recenti dati confermano una prevalenza di calcolosi renale (o litiasi renale) compresa tra il 6,8% e il 10,1% della popolazione, con recidive che si verificano tra il 30% e il 50% dei casi entro 5-10 anni dal primo episodio, principalmente tra i soggetti di sesso maschile. Si stima inoltre una maggiore incidenza tra i 30 e i 60 anni. Il picco maggiore avviene durante la stagione estiva. Analogamente non va trascurato il rischio di peggioramenti acuti della funzione renale per sudorazioni profuse soprattutto negli anziani.

“La disidratazione (carenza di acqua nel nostro organismo) è uno dei principali fattori di rischio per la formazione dei calcoli renali, soprattutto in estate, quando la sudorazione aumenta e le urine si concentrano. Se la sudorazione aumenta ed è continua, come ormai accade spesso visto il cambiamento climatico, si può anche sviluppare una insufficienza renale acuta da deplezione di colume (carenza di sodio nel nostro organismo). I reni sono gli organi più intelligenti del nostro corpo: lavorano in silenzio per mantenere l’equilibrio di acqua, sali, pressione e vitamine. Ma senza una corretta idratazione ed un apporto sufficiente di sale, non possono fare il loro lavoro”. È quanto spiega Luca De Nicola, Presidente della Società Italiana di Nefrologia (SIN) e Professore Ordinario presso l’Università Vanvitelli di Napoli.

Durante l’estate, infatti, la perdita di liquidi e sodio attraverso il sudore porta a una riduzione del volume di plasma e all’aumento della concentrazione urinaria. Questa condizione favorisce la precipitazione dei sali (in particolare calcio e ossalati), dando origine alla formazione dei calcoli. Non solo. Perdere acqua e sale può comportare una riduzione della pressione arteriosa e della irrorazione sanguigna degli organi vitali, con il rischio di andare incontro a conseguenze negative, dalle più lievi come stanchezza e ipotensione arteriosa alle più gravi quali insufficienza renale acuta, infarto e ictus.

“Il cambiamento climatico e il prolungarsi del caldo torrido per oltre quattro mesi all’anno – sottolinea De Nicola – rendono questo problema sempre più frequente. I calcoli renali – continua De Nicola – si manifestano spesso con coliche improvvise e violente di intensità simile al dolore “da parto”. Un dolore trafittivo, localizzato nella parte bassa della schiena, che può irradiarsi verso l’inguine. Il paziente colpito è in genere agitato, in cerca di sollievo, a differenza di chi soffre di lombosciatalgia che tende invece a restare immobile”. La maggior parte dei calcoli (circa l’80-90%) è composta da ossalato o fosfato di calcio; più rari quelli da acido urico, struvite o cistina. I calcoli inferiori al centimetro spesso vengono espulsi spontaneamente con terapie farmacologiche, mentre i più grandi (oltre 1-2 cm) richiedono litotrissia o, in rari casi, l’intervento chirurgico.

Come reagire al dolore della colica renale Per alleviare il dolore, oltre ad antidolorifici e/o antinfiammatori secondo consiglio medico, si consiglia di applicare un panno caldo o fare un bagno per rilassare la muscolatura liscia e l’uretere, favorendo così l’espulsione del calcolo (nel caso di calcoli piccoli).

La prevenzione comincia dall’idratazione. Tre litri di acqua al giorno: è questa la dose raccomandata d’estate per chi soffre di calcolosi o vuole prevenirla. Oltre all’acqua anche l’alimentazione aiuta l’idratazione: frutta, verdura, tisane e l’uso (mirato) di citrato di potassio possono favorire un profilo urinario protettivo. Al contrario, l’eccesso di carne rossa, spinaci, crusca e frutta secca può essere controproducente nelle persone predisposte a sviluppare calcolosi renale.

Un mito da sfatare. Ridurre l’introito di calcio non previene i calcoli renali. “Non bisogna eliminare dalla dieta il calcio, anzi: è fondamentale per le ossa. Il vero problema è la disidratazione, non il latte o i latticini” – chiarisce il Presidente SIN, Luca De Nicola.

Prendersi cura dei reni durante l’estate. L’estate non solo aumenta il rischio di calcolosi ma anche quello di insufficienza renale acuta, soprattutto negli anziani, che hanno una ridotta capacità di trattenere il sale- continua il Presidente De Nicola. Necessario, pertanto, aumentare in questo periodo l’introito di sale se la pressione arteriosa è normale ( 130/80 mmHg) e non è presente edema generalizzato da scompenso cardiaco o cirrosi epatica scompensata. Prendersi cura dei reni significa proteggere l’intero organismo e, in particolare, il cuore. La Malattia Renale Cronica è oggi la prima malattia cronica nel mondo per incidenza. Eppure, dal momento che non dà sintomi fino agli stadi avanzati, solo il 10% dei pazienti è consapevole di essere malato ed è quindi seguito da un nefrologo.

L’impegno della SIN e della comunità nefrologica tutta. La SIN, in collaborazione con il Ministero della Salute, ha redatto un Percorso Preventivo Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PPDTA), già inviato a tutte le Regioni, per migliorare la presa in carico dei pazienti e prevenire complicanze, ma anche per aumentare consapevolezza e prevenzione da parte della popolazione generale.

Contestualmente, è all’esame del Parlamento una proposta di legge per avviare screening nazionali presso i Medici di Medicina Generale (MMG) nelle popolazioni a rischio, ossia diabetici, ipertesi, obesi e cardiopatici. Il disegno di legge, a firma degli Onorevoli Mulè e Patriarca, è ora in discussione in Parlamento.

Infine, è storica la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 23 maggio scorso che riconosce la Malattia Renale Cronica quale priorità di salute pubblica. Un traguardo di enorme valore che consente di agire con più forza in partnership con le Istituzioni per la prevenzione primaria e secondaria della MRC.

Fonte: askanews.it

L’impegno della Lega del Filo d’Oro per un’inclusione reale

Tra gli italiani vi è una conoscenza non del tutto appropriata sulle persone con sordocecità e pluridisabilità psicosensoriale, che sono oltre 360mila in Italia (lo 0,7% della popolazione); ma è in aumento la sensibilità sul tema e cresce il numero di chi sceglie di sostenere gli Enti che si occupano di “assistenza alle persone con disabilità motorie, cognitive e sensoriali”. Sono alcune delle evidenze che emergono dalla ricerca condotta a giugno 2025 da AstraRicerche per la Lega del Filo d’Oro, su un campione di oltre mille italiani tra i 18 e i 75 anni.

In occasione della Giornata Internazionale della Sordocecità (27 giugno), la Fondazione Lega del Filo d’Oro ETS – Ente Filantropico, da 60 anni punto di riferimento in Italia per la sordocecità e la pluridisabilità psicosensoriale, riaccende l’attenzione su questa disabilità unica e specifica, per dare voce alle istanze di chi non vede e non sente e delle tante famiglie che chiedono soluzioni concrete per il futuro dei propri figli, che rappresentano una fascia non trascurabile di popolazione, spesso invisibile, che rischia di essere confinata nell’isolamento imposto dalla propria disabilità a causa delle barriere e delle disuguaglianze che è costretta ad affrontare, anche nelle attività quotidiane e più importanti. Una persona con sordocecità, ad esempio, non può andare in ospedale senza essere accompagnata da un interprete, bambini e ragazzi non possono frequentare la scuola senza programmi adeguati, gli adulti non possono accedere al mondo del lavoro, senza politiche realmente inclusive.

SORDOCECITÀ: UNA CONOSCENZA ANCORA PARZIALE, MA LA SENSIBILITÀ È IN AUMENTO – Sulla sordocecità gli italiani hanno un livello di informazione solo discreto: sanno che è una condizione che si può presentare già dalla nascita, congenita, legata a infezioni durante la gravidanza, a nascita prematura, a rare malattie genetiche (70.4%) e – meno – che è una condizione che si può acquisire nel corso della vita, a seguito di traumi, gravi malattie, etc. (58.9%). Un quinto (19.7%) è erroneamente convinto che la sordocecità sia una disabilità rara, con pochissimi casi in Italia, e un sesto (16.9%) non è a conoscenza delle possibilità per comunicare con il mondo (“la persona sordocieca dalla nascita non ha alcun modo di comunicare con il mondo esterno”).

Nonostante una conoscenza ancora parziale, la sensibilità rispetto a questi temi è in crescita: se negli ultimi 10 anni molte ‘buone cause’, aree di intervento degli Enti del Terzo Settore, hanno visto una diminuzione del numero di sostenitori tramite donazione, la più rilevante eccezione è costituita dall'”assistenza alle persone con disabilità motorie, cognitive e sensoriali”, passata dal 9.4% del 2016 al 16.4% del 2025. E dal 2016 al 2025 la parte degli italiani che dichiarano di conoscere la Lega del Filo d’Oro non solo di nome ma, in modo qualificato, è passata dal 31.0% al 46.2%.

UN MANIFESTO PER I DIRITTI DELLE PERSONE SORDOCIECHE – Al fine di porre l’attenzione su alcuni temi centrali per promuovere un reale cambiamento, la Lega del Filo d’Oro ha presentato nel marzo del 2024, alla Camera dei deputati, il Manifesto delle Persone Sordocieche, un documento in dieci punti in cui si chiede alle Istituzioni un maggior impegno affinché ogni persona sordocieca venga riconosciuta e sostenuta, ovunque e sempre, con accesso a cure, interpreti e strumenti che possano davvero fare la differenza nella vita di tutti i giorni. Perché l’inclusione scolastica, la mobilità autonoma, l’accessibilità dei luoghi di sport e cultura, la possibilità di lavorare e abitare in spazi pensati per le esigenze specifiche di chi non vede e non sente non sono solo diritti, ma passi fondamentali verso una società in cui nessuno venga lasciato indietro.

“Da 60 anni il lavoro della Lega del Filo d’Oro è animato dalla passione e, soprattutto, dal coraggio di vedere e ascoltare “oltre” ciò che è possibile, per dare voce ai bisogni delle persone sordocieche e delle loro famiglie, costruendo un futuro in cui ognuno possa autodeterminarsi e vivere una vita dignitosa e autonoma – dichiara Rossano Bartoli, Presidente della Fondazione Lega del Filo d’Oro – Questa Giornata rappresenta un’occasione preziosa per fare il punto su quanto è stato fatto negli anni, ma soprattutto su quanto resta ancora da fare per garantire la piena inclusione di chi non vede e non sente, a partire dal pieno riconoscimento da parte delle Istituzioni della sordocecità come disabilità specifica. La Lega del Filo d’Oro crede fermamente che con il sostegno di tutti si possano superare le sfide attuali per creare una società più equa e accessibile, capace di riconoscere il potenziale delle persone sordocieche come una risorsa preziosa per l’intera collettività”.

IL QUADRO NORMATIVO E L’IMPEGNO PER LA PIENA ATTUAZIONE DELLA L. 107/2010 – Da sessant’anni, la Lega del Filo d’Oro è impegnata in prima linea nel portare all’attenzione delle Istituzioni politiche e dell’opinione pubblica le istanze delle persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale e delle loro famiglie, promuovendo l’autonomia, l’inclusione sociale e il pieno riconoscimento dei loro diritti. In particolare, molti sforzi sono stati condotti affinché non fosse fermato l’iter per la revisione e la piena applicazione della Legge 107/2010 sul riconoscimento della sordocecità come disabilità unica e specifica. A tal proposito, nel marzo dello scorso anno il Consiglio dei Ministri ha approvato un importantissimo disegno di legge (il cosiddetto semplificazioni-bis) volto a garantire il riconoscimento della sordocecità a tutte le persone che manifestano compromissioni totali o parziali combinate della vista e dell’udito, congenite o acquisite, a prescindere dall’età di insorgenza. Tale misura si inserisce nel più ampio disegno di riforma avviato con la Legge Delega per la Disabilità (Legge 22 dicembre 2021, n. 227), che accompagnerà l’aggiornamento della definizione di sordocecità a una semplificazione dei criteri e delle modalità di accertamento.

La nuova definizione di sordocecità – che si auspica possa essere approvata anche dal Parlamento – segna un cambio di passo fondamentale per le persone sordocieche. Avere una definizione che finalmente riconosca la sordocecità, indipendentemente dall’età, è di cruciale importanza per garantire pienamente il diritto alla salute e all’assistenza, nonché per promuovere una reale autodeterminazione. La sfida del pieno riconoscimento della sordocecità come disabilità specifica non deve, pertanto, esaurirsi in un – auspicato e necessario – miglioramento della presa in carico sanitaria e sociosanitaria, ma consiste nel tradurre le politiche di inclusione in diritti pienamente esigibili.

Fonte: askanews.it

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